Sgranò gli occhi improvvisamente, lo stomaco era in subbuglio e sentiva come se al suo interno si fosse formato un vuoto che la stava divorando; il cuore sembrava si fosse trasferito in gola, le tempie pulsavano violentemente. Stette cosi alcuni minuti, proteggendosi col buio della propria stanza. Eppure le immagini non andavano via dalla sua mente.
Non più.
Le aveva cacciate fin troppe volte dalla memoria e ora tornavano a galla, una ad una. Tutte.
Quell'episodio, però, lo aveva proprio rimosso.
Aveva le labbra asciutte, la gola secca. Dov'era la bottiglia d'acqua che aveva sempre accanto al letto?
"Maledizione!" imprecò.
"Maledizione!" urlò la ragazza con sguardo fiammeggiante.
"Fermati, dove pensi di andare eh?" sbraitò lui afferrandola per un braccio.
"Lasciami maledetto" cercò di divincolarsi "Mi fai male, non lo vedi?" lo rimbeccò.
"Non andare" la supplicò.
"Non andare? E cosa dovrei fare qui eh? Stare con un distrutto come te? Un alcolista, un drogato, un bugiardo cronico, un nulla!" lo fissò con disprezzo liberandosi e si diresse verso la porta, ma lui fu più veloce, le se mise davanti e la chiuse a chiave.
"Tu da qui non esci" sentenziò.
Lei lo squadrò spaventata.
"Non guardarmi cosi, dannazione!" urlò con gli occhi rossi, gonfi, fuori di sé.
Si avvicinò a lei, però la ragazza indietreggiò.
"Lasciami andare" cercò di dire con calma seppure con voce tremula.
"Mai!" e con un impetto diede un pugno alla porta che conduceva in cucina.
La ragazza lo seguì "Smettila con le scenate, dammi la chiave!" urlò e subito aggiunse "Cosa fai?! Che cosa stai facendo?".
Sentì l'acqua fredda scorrerle lungo la gola e l'esofago, fin nello stomaco.
Sospirò.
Davanti agli occhi quelle immagini.
Lui prende il coltello.
"Cosa sono questi tagli?" gli chiese Viola accarezzandogli un braccio. Lui la guardò tristemente, ma con imbarazzo.
"Prima, cioè quando tu ancora non c'eri, bevevo... cosi tanto che sentivo che il cuore mi si fermasse, spesso iniziavo a correre per assicurarmi che fossi ancora vivo, e spesso mi tagliavo per sentirmi ancora".
La ragazza si passò le mani fra i capelli.
Lui si indirizzò il coltello sul braccio sinistro, dove c'era l'iniziale del nome della ragazza.
Fu rapido, preciso.
Il sangue sgorgava.
E poi... la supplica di non lasciarlo.
Si puntò il coltello alla gola.
In lei scattò un black out.
Come era possibile che si fosse scordata quell'episodio?
La sua mente traditrice la stava torturando.
Le risate, i litigi, quella volta in cui le mise le mani attorno alla gola, le fughe, la lontananza, il sesso ossessivo, le paure, le speranze.
Improvvisamente sentì di non aver più respiro.
Si portò una mano alla guancia.
Aveva fame di aria.
Non poteva respirare! L'aria non entrava e i suoi polmoni si ostinavano a non funzionare.
Uno schiaffo.
Il più meschino dei tradimenti.
Tu chi sei?
Tu... sei un altro lui.
Si alzò dal letto e accese la luce.
Basta, basta cosi.
Non più.
Le aveva cacciate fin troppe volte dalla memoria e ora tornavano a galla, una ad una. Tutte.
Quell'episodio, però, lo aveva proprio rimosso.
Aveva le labbra asciutte, la gola secca. Dov'era la bottiglia d'acqua che aveva sempre accanto al letto?
"Maledizione!" imprecò.
"Maledizione!" urlò la ragazza con sguardo fiammeggiante.
"Fermati, dove pensi di andare eh?" sbraitò lui afferrandola per un braccio.
"Lasciami maledetto" cercò di divincolarsi "Mi fai male, non lo vedi?" lo rimbeccò.
"Non andare" la supplicò.
"Non andare? E cosa dovrei fare qui eh? Stare con un distrutto come te? Un alcolista, un drogato, un bugiardo cronico, un nulla!" lo fissò con disprezzo liberandosi e si diresse verso la porta, ma lui fu più veloce, le se mise davanti e la chiuse a chiave.
"Tu da qui non esci" sentenziò.
Lei lo squadrò spaventata.
"Non guardarmi cosi, dannazione!" urlò con gli occhi rossi, gonfi, fuori di sé.
Si avvicinò a lei, però la ragazza indietreggiò.
"Lasciami andare" cercò di dire con calma seppure con voce tremula.
"Mai!" e con un impetto diede un pugno alla porta che conduceva in cucina.
La ragazza lo seguì "Smettila con le scenate, dammi la chiave!" urlò e subito aggiunse "Cosa fai?! Che cosa stai facendo?".
Sentì l'acqua fredda scorrerle lungo la gola e l'esofago, fin nello stomaco.
Sospirò.
Davanti agli occhi quelle immagini.
Lui prende il coltello.
"Cosa sono questi tagli?" gli chiese Viola accarezzandogli un braccio. Lui la guardò tristemente, ma con imbarazzo.
"Prima, cioè quando tu ancora non c'eri, bevevo... cosi tanto che sentivo che il cuore mi si fermasse, spesso iniziavo a correre per assicurarmi che fossi ancora vivo, e spesso mi tagliavo per sentirmi ancora".
La ragazza si passò le mani fra i capelli.
Lui si indirizzò il coltello sul braccio sinistro, dove c'era l'iniziale del nome della ragazza.
Fu rapido, preciso.
Il sangue sgorgava.
E poi... la supplica di non lasciarlo.
Si puntò il coltello alla gola.
In lei scattò un black out.
Come era possibile che si fosse scordata quell'episodio?
La sua mente traditrice la stava torturando.
Le risate, i litigi, quella volta in cui le mise le mani attorno alla gola, le fughe, la lontananza, il sesso ossessivo, le paure, le speranze.
Improvvisamente sentì di non aver più respiro.
Si portò una mano alla guancia.
Aveva fame di aria.
Non poteva respirare! L'aria non entrava e i suoi polmoni si ostinavano a non funzionare.
Uno schiaffo.
Il più meschino dei tradimenti.
Tu chi sei?
Tu... sei un altro lui.
Si alzò dal letto e accese la luce.
Basta, basta cosi.
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