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Per sempre

Attenzione: questa storia autoconclusiva l'ho composta sulla base della novella di G. Boccaccio, "Lisabetta da Messina"(Decameron, giornata IV, novella 5); la quarta giornata, durante la quale viene narrata tale novella, è dedicata agli amori infelici: "[...] si ragiona di coloro li cui amori ebbero infelice fine".



“Bene, ormai è l’ora del tramonto, uhm…” disse piano una ragazza dai lunghi capelli rossi osservando i propri amici pensierosa, poi, con un gesto repentino, puntò l’indice su una ragazza i cui capelli corvini rendeva il viso pallido come l’avorio, e aggiunse “Clarissa, tocca a te raccontare una storia”.

I componenti della piccola combriccola sorrisero, alcuni batterono le mani, altri fischiarono piano.

Due ragazze si misero sedute su dei preziosi cuscini orientali, invece tre ragazzi si accomodarono su dei divani, e gli altri si misero comodi, in attesa di quello che avrebbero sentito di lì a poco.

La giovane sospirò piano fra i denti.

“Cosa vuoi sentire, Sephira?” le domandò con voce gentile, la ragazza guardò curiosa l’espressione triste dell'altra. Restò qualche minuto in silenzio, pensando quale tipologia di racconto si sarebbe meglio adattato al suo animo inquieto. Sorrise piano posandole una mano sul braccio.

“Raccontami una storia di amore” mormorò piano.

“Una storia d’amore?” ripeté lei scettica.

“Si, come vuoi tu, come la detta il tuo cuore”, il silenzio era rotto soltanto dai respiri dei presenti.

Clarissa sospirò e chiuse gli occhi adagiandosi con le spalle contro un divano.

“Come vuoi, allora preparatevi a sentire la storia triste di due giovani che hanno sofferto per il loro amore proibito”.

“Proibito?” intervenne una ragazza dagli occhi verdi.

“Vittoria, lo capirai in seguito, ascolta” affermò un ragazzo posandole la mano sulla spalla, lei annuì e rivolse nuovamente la propria attenzione a Clarissa.

“Ebbene, c’erano dunque in Messina quattro fratelli, di cui tre erano commercianti e il più piccolo era un guerriero, o meglio stava addestrandosi per diventare tale, perciò dalla mattina alla sera era insieme al proprio maestro. In realtà, questo figlio era una figlia”.

"Oh!" esclamarono gli amici all'unisono.

L'attenzione di tutti era sua.

"Dunque, il padre, per proteggere la figlia dai continui attacchi e saccheggi nemici, decise di crescerla come un uomo, per poterla educare all'uso delle armi. Questa sua decisione fu ben scelta, dato che l'animo arrogante e guerriero della ragazza ben si sposavano al carattere e all'atteggiamento di un uomo..."



“Hesediel!”gridò Dante attirandosi la sua attenzione. L’uomo si distrasse e guardò nella sua direzione, tuttavia scansò facilmente il colpo che la giovane aveva cercato di scoccargli con la spada, con un rapido movimento si trovò alle spalle della ragazza e la bloccò.

“E’ sleale attaccare alle spalle” le sussurrò all'orecchio. Beth, rossa in volto, si divincolò dalla stretta.

“In guerra non conta l’onore!” gli urlò contro e scappò salutando a malapena il fratello che inarcò un sopracciglio.

Hesediel si avvicinò a Dante serio nel volto.

“Volevate?” domandò con voce fredda.

“Ah, si, abbiamo bisogno che tu ci accompagni per tre giorni a Napoli, dobbiamo trasportare delle merci molto preziose e voglio che tu sia a capo delle guardie” gli comunicò, poi si voltò nella parte nella quale era scomparsa la sorella e si portò una mano al mento pensieroso “Che ha?” volle sapere.

Hesediel fece spallucce.

“Non lo so”.

“Si comporta stranamente nell’ultimo periodo, con gli allenamenti come va?” s’interessò tornando a guardarlo.

“Bene, come sempre, anche se pare un po’ più nervosa e battagliera del solito”.

Dante lo fissò pensieroso mentre il cavaliere si congedava.



Nel pomeriggio Hesediel cercò la compagnia di Beth e andarono a cavallo; la giovane, presa dall’euforia, propose di fare una gara, e chi fosse arrivato per primo al fiume, avrebbe vinto. Hesediel non volle cimentarsi in cose cosi infantili, ma dovette andare dietro alla sua esuberante allieva, e con una spronata all’ultimo attimo, la superò vincendo la gara.

“Non vale!” esclamò Beth mettendo il broncio.

“Vale, certo che vale, non mi pare di essere stato sleale” commentò il maestro ironico porgendole la mano per aiutarla a scendere, però la ragazza saltò giù ignorando l’ausilio.

“Non sono una bambina” sibilò prendendo il cavallo che legò ad un albero lasciandolo libero di pascolare. Hesediel la imitò.

“Cosa ti è preso oggi?” domandò l’uomo sedendosi all’ombra di una quercia. La ragazza lo osservò a lungo. I suoi occhi sostarono un po’ troppo sul suo corpo longilineo e muscoloso, sulle labbra rosse, sui capelli neri e corti, sugli occhi del colore delle profondità di un oceano.

Si voltò improvvisamente.

“Non capisco di cosa tu stia parlando” arrossi leggermente per la bugia.

“Ah, no? Oggi hai infranto una delle prime regole che ti ho insegnato, sai bene che…”.

“Si, l’onore! Lo so, lo so! Non bisogna essere sleali e tutto il resto!” ribatté alzando gli occhi al cielo.

“Allora perché lo hai fatto?” la interrogò strappando un filo di erba.

“Non lo capisci? Volevo almeno toccarti! Tu sei irraggiungibile, non riesco mai neanche a sfiorarti, ti muovi sempre cosi velocemente… e non ce la faccio più, è logorante questa cosa, mi sembra di non andare avanti, ehi! Che c’è da ridere?!” si voltò verso il bruno con occhi fiammeggianti.

“Nulla, non ridevo di te” la assicurò osservando il filo d’erba.

“Menti” sussurrò minacciosa andandogli vicino.

“Ridevo soltanto perché ti stai agitando inutilmente; tu stai facendo davvero degli immensi progressi”.

“E allora perché non riesco neanche a sfiorarti?”.

“E’ normale, io sono un guerriero, ho combattuto tutta la vita, mentre tu… tu sei solo una ragazzina” rispose divertito.

“Ragazzina!” ripeté con voce infervorata e si alzò “Ragazzina! Certo, in fondo che mi aspettavo, a diciotto anni per lui sono una ragazzina! Ma dove l’ha imparata l’educazione e…” continuò a sproloquiare fra sé e sé allontanandosi; dopo un po’ anche l’uomo chiuse gli occhi godendo dei rumori della natura.

Il sole stava ormai calando, quando Beth tornò sui propri passi lentamente e le venne quasi un colpo vedendolo dormire. Si avvicinò cercando di non far rumore. Gli osservò a lungo il bel viso, le labbra chiuse severamente, l’espressione rilassata.

“Macché ragazzina…” sussurrò avvicinandosi a lui, piano posò le proprie labbra su quelle deliziose di lui.

Sapeva che non poteva baciarlo, che lo avrebbe disgustato e l'avrebbe allontanata da sé, forse punita, poi se avesse detto ai suoi fratelli che era innamorata di lui… no, se n'era approfittata, lo aveva baciato cogliendolo nel sonno. Improvvisamente spalancò gli occhi poiché si specchiò in quelli di Hesediel

“Quindi era questo…” sussurrò l’uomo scostando un po’ la bocca. Beth cadde all’indietro per lo spavento.

“Per la seconda volta in un giorno infrangi le regole, sei stata sleale ad approfittarne mentre dormivo” affermò fissando le sue guance che erano violentemente arrossite.

“Ma sei scemo?! Ti ho appena baciato e tu mi fai la ramanzina sulle regole invece di prendermi a calci e…” gracidò la giovane imbarazzata.

Hesediel sorrise malizioso e in un attimo Beth si ritrovò a cavalcioni su Hesediel che la stringeva alla vita, i loro visi erano cosi vicini che se avesse mosso solo un po’ il capo avanti i loro nasi si sarebbero toccati.

“Prenderti a calci? E perché mai? Sei proprio sleale, ragazzina…” mormorò avvicinando il viso a lei. Le labbra morbide di Beth si donarono pienamente alle sue, Hesediel la costrinse ad aprire quel dolce baratro che anche lui aveva bramato da molto, troppo, tempo, incrociò la sua lingua con quella della ragazza che gemette, continuò ad esplorarle la bocca, a nutrirsi del suo nettare. Solo dopo alcuni lunghi istanti Beth si schiodò ansimante.

“Non riesco a respirare” mormorò.

“Allora non farlo” riprese a baciarla.

Si baciarono a lungo, finché Hesediel ritenne più opportuno proseguire in un altro luogo.

Beth non poteva credere che il suo amore, il suo amore proibito, fosse corrisposto!

Era come se camminasse su una morbida nuvola, con il suo angelo accanto. Lo fissò a lungo e arrossì quando lui le sorrise gentilmente posandole un bacio a fior di labbra prima di rientrare a casa.

Rudolfo e Anselmo, gli altri due fratelli maggiori, li salutarono e continuarono a parlare con degli uomini di affari.

Dante, nel frattempo, di ritorno dal mercato, scese da cavallo e, voltandosi, li vide chiacchierare e rimase a lungo a fissarli. Qualche cosa non andava, c’era un’atmosfera troppo famigliare… alzò le spalle, forse avevano fatto pace. Con passo veloce li raggiunse e comunicò a Hesediel che sarebbero partiti dopo una settimana, quindi li congedò.

Quella sera Beth aveva lasciato la finestra aperta di proposito, indossò solo una leggera vestaglia e si mise sotto le coperte. Aspettò trepidante, ma non successe nulla. Piano, colta dal sonno, si addormentò.

La giovane aprì gli occhi con il cuore a mille, sopra di lei, cavalcioni, c’era la visione più bella che ci potesse essere: Hesediel la osservava sorridendo.

Si morse un labbro e lo trascinò verso il basso, accanto a lei.

“Ti aspettavo” disse fra un bacio e l’altro.

“Dovevo assicurarmi che stessero tutti dormendo” rispose l’uomo mordicchiandole il collo e facendola gemere.

“Hesediel...” sussurrò la giovane mentre le veniva aperta la vestaglia, ritirò la pancia nel momento in cui sentì le mani fredde dell'uomo depositarsi sul suo petto ardente.

Lasciò che il proprio corpo andasse incontro a quello di Hesediel che la abbracciò improvvisamente a sé, ponendo un freno alla frenesia del momento. Rimasero a lungo cosi, le gambe intrecciate, i cuori uniti in un solo battito.



I loro giorni trascorrevano felici, fra baci e incontri clandestini, fino all’ultima notte prima del viaggio.

Hesediel, come ormai tutte le notti, si intrufolò nella sua stanza. Chiuse la finestra e andò immediatamente dall'amata, senza essersi accorto di essere stato seguito.

Dante, nascosto dietro ad un tronco d'albero, osservava attonito quello che stava succedendo. Meditò in silenzio il da farsi, possibilmente senza suscitare scandali.

Quella notte Beth non si accontentò delle coccole, volle dormire insieme a lui e l’uomo, di fronte le sue insistenze, la accontentò. La prese fra le braccia e si addormentarono.

Il giorno seguente i due si salutarono in privato.

“Promettimi che tornerai presto” gli chiese la giovane stretta a lui.

“Certo, il prima possibile, te lo prometto. Mi mancherai” sospirò dandole un bacio.

“Io morirò senza di te” rispose.

Non sapeva quanto quelle parole fossero vere.

Dopo alcuni giorni i tre fratelli tornarono a casa senza Hesediel. La ragazza chiese cosa fosse successo.

“Gli abbiamo affidato un altro incarico” gli rispose evasivo Dante e se ne andò.

Beth passava le giornate aspettando e aspettando.

Era ormai un mese che non lo vedeva. Cercò di essere forte, si allenava ogni giorno, leggeva, cavalcava.

Hesediel, però, non tornava.

Chiese ancora cosa gli fosse accaduto, la sola risposta che ottenne fu che sarebbe stato meglio se lo avesse dimenticato poiché Hesediel aveva comunicato che andava in un’altra città a prestare il suo servizio.

Beth pianse lacrime amare. Non poteva essere vero che Hesediel, il suo Hesediel, l'avesse abbandonata!

Una sera andò nella stanza dell’amato.

La osservò a lungo: il letto come lo aveva lasciato, le spade posate con cura, i vestiti.

Prese una sua camicia e la annusò, aveva ancora il suo profumo! La abbracciò e si addormentò immaginando che al suo posto ci fosse l’amato.

Stava dormendo, quando inaspettatamente le si presentò davanti un banco di nebbia dalla quale uscì la figura slanciata ed elegante di Hesediel.

“Hesediel!” gridò terrorizzata, l’uomo le si avvicinò e le toccò piano la guancia.

“E' inutile il tuo richiamo, io non posso più tornare da te, i tuoi fratelli mi hanno ucciso a tradimento” sussurrò e la sua voce sembrava lontana, lontanissima.

“Cosa stai dicendo?! Amore, amore! Non andartene! Hesediel! Dimmi dove sei, ti prego!” urlò vedendo che si stava allontanando, allora lui si fermò, tornò indietro.

“Il mio corpo si trova nel bosco vicino alla fontana dove ci siamo conosciuti” la osservò, se avesse potuto, avrebbe pianto, le sfiorò piano le labbra con le proprie “Ti amerò in eterno” e svanì.

La ragazza si svegliò con un grido e con la camicia inondata dalle lacrime.

Senza perdere tempo uscì fuori dalla stanza, prese un cavallo e cavalcò giorno e notte finquando giunse nel posto indicatole nel sogno. Si inginocchiò e cominciò a scavare con le unghie, dopo molto tempo riuscì a vedere il volto dell’amato. Scoppiò a singhiozzare, si abbassò sul suo corpo e pianse fino allo svenimento. Dopodiché si risvegliò, lo guardò ancora per molto tempo, sapeva di non potergli dare degna sepoltura e perciò gli tagliò la testa. Era un gesto orribile, ciononostante non poteva sopportare di lasciarlo lì. Lo avvolse in un prezioso velluto e lo portò a casa dove pianse ancora e ancora baciando quelle labbra ormai fredde per sempre.

Non usciva più, non si allenava più, non parlava, non mangiava.

Nascose la testa di Hesediel in una stoffa pregiata e la sotterrò in un vaso dove mise una pianta di rose la quale cresceva ogni giorno più bella e profumata grazie al nutrimento della carne di Hesediel e alle lacrime di Beth.

I fratelli della ragazza, sempre più preoccupati, presero il vaso odoroso affinché la giovane non potesse più piangere sul fiore, però di fronte alle insistenze di ridarglielo, curiosi, vollero guardare cosa ci fosse dentro e cosi scoprirono la testa dell’uomo che uccisero.

Spaventati da ciò e capendo che la giovane sapeva che loro erano gli assassini di Hesediel, per non essere denunciati e, di conseguenza uccisi, presero tutte le loro cose e si trasferirono a Napoli lasciando Beth lì.

Rimasta senza nessuno, se non con il dolore per la morte dell'amato, Beth affogò nelle proprie lacrime fino a morire con l’animo straziato.

E nelle strade si sentiva un certo ritornello:



"Qual esso fu lo malo cristiano,
che mi furò la grasta… "



Le ragazze piangevano silenziose, e i ragazzi cercavano di mostrarsi forti, ma i loro occhi erano lucidi.

“Che storia triste” commentò Vittoria.

“Si…” sospirò Clarissa alzandosi.

Nessuno aggiunse altro, la ragazza uscì fuori dove fu accolta da un cielo sereno. Sorrise felice vedendo davanti a sé un uomo che la aspettava.

“Hesediel, sei già arrivato” gli corse incontro e gli gettò le braccia al collo.

“Hai pianto” osservò l’uomo dandogli un bacio veloce.

“Sai, ho raccontato loro quella vecchia storia…”.

“ Beth, basta rivangare sul passato, ora siamo di nuovo insieme” le accarezzò i capelli.

“Si, ma promettimi che non mi lascerai mai più sola”.

“E tu promettimi che non mi taglierai mai più la testa, fa impressione”.

“Stupido…” sussurrò coinvolgendolo in un lungo bacio.





"Chi fu mai quell'uomo malvagio che mi rubò il vaso...".

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